martedì 8 novembre 2011

FARE SAN MARTINO

 

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Questa notissima poesiola del Carducci ha, didatticamente, una storia lunga: credo, infatti, che generazioni e generazioni di scolari elementari e medi nell'ultimo secolo l'hanno se non imparata a memoria almeno letta e commentata con gli insegnanti. E' così diventata patrimonio di moltissimi ed è facile rintracciarla nella memoria di coloro che hanno frequentato la scuola dell'obbligo anche tanto tempo fa. Capita, talora, di sentirla ripetere in luoghi poco scolastici, come è successo a me recentemente: in una giornata nebbiosa, al mercato settimanale, due bancarellaie, ispirandosi al clima, l'andavano recitando un verso per una. La breve lirica carducciana, dunque, al contrario di ciò che spesso succede alle cose che si studiano a scuola, ha avuto e continua ad avere successo. Le sue immagini fresche ed immediate ed il suo ritmo musicale si imprimono nella mente e nell'orecchio dei lettori.

Ritengo, tuttavia, che questa lirica sia stata e continua ad essere appresa solo a livello di denotazione; ci si ferma, cioè, al solo aspetto bozzettistico: ci si limita a "sentire" il suono di quell'aggettivo «irti», ma non ci si sofferma sul suo valore metaforico; si sente l'odore aspro del vino, ma solo inconsciamente si avverte che esso significa qualcosa di più del suo senso letterale. E ciò accade perché la lettura di San Martino è quasi sempre delegata alla scuola dell'obbligo, dove, nella stragrande maggioranza dei casi, è sottoposta ad una interpretazione semplicemente denotativa (nelle scuole superiori lo studio privilegia altri componimenti del Carducci, ritenuti più significativi, e quando si ricorre a San Martino o a Pianto antico, il tipo di commento non cambia). Credo, invece, che attraverso un'analisi più attenta e più profonda, mutuata dalla semiologia e dalla grammatica testuale, se ne possa dare un'altra lettura e dimostrare che si tratta non di una poesiola per soli ragazzini, ma di un componimento complesso e di felice esito poetico. Da far leggere, quindi, anche nelle scuole superiori, senza tuttavia smettere di farla conoscere anche agli alunni della scuola dell'obbligo, se pure con tattiche e strategie diverse da quelle tradizionali."

 

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