Quest’anno il quarantesimo anniversario della morte di Anna Magnani, una delle attrici italiane più apprezzate e famose, nonché la più rappresentativa della cosiddetta “stagione neorealista” del cinema italiano. Lavorò con Rossellini, Visconti e Pasolini, nel 1956 vinse il premio Oscar come miglior attrice e sulla Walk of Fame di Los Angeles c’è una stella con il suo nome. Morì il 26 settembre del 1973 e la sua storia è ben raccontata nel libro “Nannarella“
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Il Neorealismo Cinematografico
Archetipo della popolana sfrontata, ma anche donna piena di umanità: no bellissima ma con uno sguardo penetrante, capelli nerissimi e ribelli alle cure del pettine, occhiaie perennemente peste e dolenti. Questo il ritratto di un’icona del cinema mondiale che, con il suo temperamento vulcanico e possessivo, seppe regalare una galleria di personaggi forti e struggenti, che vivevano la loro vita come lei visse la sua, senza mezze misure o condizionamenti, pagandone spesso le conseguenze per non rinunciare mai alla propria dignità ed orgoglio. Antidiva per eccellenza…. continua (9colonne)
Morì 40 anni fa: un libro di Minimum Fax racconta dal suo punto di vista la storia di come venne girato Roma città aperta – senza soldi, senza attrezzatura, senza Cinecittà:
«Io da anni urlavo quasi: ma è possibile che non si possa fare un film su una donna qualunque, che non sia bella, non sia giovane… d’accordo, allora ero giovane, comunque: perché, ripetevo, perché non un film su una donna della strada che non sia diva, falsa? Quando vennero a leggermi il copione di Roma città aperta, ci siamo, pensai, questo è meraviglioso. Senonché io a quell’epoca facevo la rivista e avevo un grosso successo. Proprio come Fabrizi, che recitava in altre cose.
«Ora, siccome non mi volevano dare la stessa paga che per il film davano a Fabrizi… una miseria, centomila lire in più… per un puntiglio, insomma, per una questione di principio, risposi no. Io allora nemmeno lo conoscevo Rossellini, ma so che voleva me. In questo modo cominciarono con la Calamai. Chissà, forse perché aveva fatto Ossessione. Non so, è una scelta che io non posso giudicare. Si entra nella mentalità dei produttori, in certi schemi. Sono andati avanti dieci giorni e poi hanno cercato di nuovo me. Per fortuna, perché per una fregnaccia avrei perso il film più importante della mia carriera».