«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi». Sono le ultime parole lasciate da Luigi Tenco, il giovane cantautore che, nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967, si suicidò nella stanza numero 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, mentre era in corso la diciassettesima edizione del Festival della canzone italiana, sparandosi alla tempia con la sua Walter Ppk calibro 7.65. Una fine tragica, con molti punti oscuri e archiviata in fretta e furia dalle forze dell’ordine, che lascerà amici e familiari nella disperazione e nell’incredulità. A distanza di decenni i molti dubbi sulle cause reali della morte di Tenco porteranno alla riapertura delle indagini per ben due volte, nel dicembre del 2005 e successivamente, per le pressioni esercitate da una petizione di 100 mila firme, anche nel 2016, ma entrambe le istruttorie confermeranno l’ipotesi iniziale di suicidio, archiviando definitivamente il caso
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