“Brachetti che sorpresa!” è un varietà poetico, surrealista. Mi ritrovo catapultato in uno strano limbo in cui cercherò di ritrovare la mia valigia rossa, prigioniero quasi di un gigantesco videogame con un bel po’ di personaggi a mio fianco. In scena non sono solo, con me ci sono artisti straordinari: Luca Bono, un giovane campione europeo di magia, straordinario manipolatore di carte che sta avendo tanti apprezzamenti all’estero; Francesco Scimemi, un comico strampalato molto terreno, a tratti animalesco; Luca&Tino, una coppia di comici vicini al no sense francese, surrealista, che ha punti di contatto anche con la Commedia dell’Arte; Kevin Michael Moore, una sorta di mio alter ego. Lo spettacolo è molto dinamico, rutilante, dura un’ora e mezza e non ci sono pause, con una sorpresa almeno ogni trenta secondi. Ci sono diversi livelli di lettura: uno di stupore pure e semplice, un altro prettamente culturale con citazioni pop da Magritte a “Star Wars”, un terzo emotivo sulla visualizzazione del mio e nostro inconscio. A. B.
I bambini oramai sono bombardati di attività, di input, di immagini. Non hanno mai un attimo di tranquillità. Se ci penso i personaggi dei cartoni animati della mia età duravano vent’anni, ora è impensabile una cosa del genere. Ci si dimentica di tutto, ogni cosa passa di moda. Tutto è fruibile in superficie, non si approfondisce mai, ma in compenso si può avere una visione globale molto sfaccettata. Per questo, in “Brachetti che sorpresa!”, sono più che contento della collaborazione di Leo Ortolani, fumettista autore di “Rat-Man”. Lui riesce a guardare nel racconto, ma anche fuori dal racconto.
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