“ Napoli è il paese dove meno costa l'opera tipografica; tutti lo sanno: gli operai tipografi sono pagati un terzo meno degli altri paesi. Quelli che guadagnano cinque lire a Milano, quattro a Roma, ne guadagnano due a Napoli, tanto che è in questo benedetto e infelice paese, dove più facilmente nascono e vivono certi giornaletti poverissimi, che altrove non potrebbero pubblicare neppure tre numeri. I sarti, i calzolai, i muratori, i falegnami sono pagati nella medesima misura; una lira, venticinque soldi, al più, trenta soldi al giorno per dodici ore di lavoro, talvolta penosissimo. I tagliatori di guanti guadagnano novanta centesimi al giorno. E notate che la gioventù elegante di Napoli, è la meglio vestita d'Italia: che a Napoli si fanno le più belle scarpe e i più bei mobili economici; notate che Napoli produce i migliori guanti”.
da Il Ventre Di Napoli
Questo scriveva Matilde Serao. Pagine che, in tono documentaristico e bozzettistico, ritraggono l’ambiente popolare napoletano.
Matilde Serao (Patrasso 1836-Napoli 1927) è stata la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano.
Nata in Grecia da padre italiano emigrato (l'avvocato napoletano Francesco Serao) e da madre greca (Paolina Borely, nobile decaduta, discendente dei principi Scanavy di Trebisonda), venne in Italia con la famiglia nel 1860, dove frequentò la Scuola normale di Napoli, conseguendo il diploma di maestra. Fu impiegata per due anni ai telegrafi di Stato, iniziando in quel periodo la sua collaborazione a giornali locali; nel 1878 entrò nella redazione del Corriere del mattino.
Trasferitasi a Roma nel 1882, collaborò alle più importanti riviste romane e conobbe Edoardo Scarfoglio, che sposò nel 1885 e dal quale ebbe quattro figli. Con il marito fondò il Corriere di Roma e passò poi al Corriere di Napoli (sul quale apparve la sua famosa rubrica Api, mosconi e vespe) e nel 1892, lasciato il Corriere, fondò sempre con Edoardo Scarfoglio Il Mattino, che abbandonò nel 1904, dopo la separazione dal marito (1902) per dar vita al Giorno, che diresse fino alla morte.
Il Corriere Della Sera racconta della passione della scrittrice per la coviglia al cioccolato:
La coviglia è il sapore del mio gelato da bambina. Mia madre lo comprava in una pasticceria di Mergellina, e appena a casa veniva conservato con sacro rispetto nel freezer. Erano bicchierini bianchi o di metallo, ciascuno di un colore diverso. Ma il sapore della coviglia, quello non lo dimenticherò più. A metà strada tra un gelato e un pasticcino. Unico. Appartiene alla stessa famiglia dello spumone e dello zuccotto. Ne era grande appassionata la scrittrice Matilde Serao, che la descriveva persino nel suo libro «Paese di Cuccagna»….
da La coviglia al cioccolato, il gelato di Matilde (Serao)
da RACCONTI DI CUCINA / di Angela Frenda
Angela Frenda, napoletana: ho imparato da mia nonna Angela come friggere un crocchè senza spaccarlo. E da mia nonna Olga che ci possono essere parole non dette anche in una pasta al forno con le polpettine. La cucina resta il mio luogo segreto, dove (forse) mi vengono le idee migliori. Amo il tè alla mandorla e zenzero, le ciliegie, la brioche rustica, la giardiniera e la pasta alla genovese (anche non in quest'ordine). Sono food editor del Corriere della sera e responsabile del canale La Cucina del Corriere. Con le videoricette di Racconti vi invito a scoprire e sperimentare insieme i miei piatti del cuore
Angela Frenda su facebook e su twitter
LA COVIGLIA AL CIOCCOLATO
Ingredienti: 225 g di cioccolato fondente; 80-100 g di zucchero (dipende dal tipo di cioccolato); 4 tuorli; 5 dl di panna montata senza zucchero; 3 albumi, 1 cucchiaino di succo di limone, 2 cucchiai di rum.
Procedimento: spezzettate il cioccolato, raccoglietelo in un tegamino e lasciatelo fondere a bagnomaria. In una terrina lavorate i tuorli con lo zucchero sino a ottenere un composto liscio e spumoso, poi unite il rum e il cioccolato fuso. Quindi incorporatevi la panna montata stando molto attenti a non rompere il composto e gli albumi montati a neve con un cucchiaino di succo di limone. Suddividete il composto in bicchierini di porcellana oppure di carta (per poterli sformare facilmente), sigillateli con la pellicola trasparente e conservateli in freezer al massimo per una settimana. In genere a Napoli le coviglie venivano servite in appositi bicchierini di metallo argentato. Oggi sono stati sostituiti (purtroppo) da quelli di plastica. Si tratta di veri e propri cioccolatini, golosi e nutrienti. Da regalarsi ogni tanto. Ricordandoci che il cioccolato ha un effetto tonico sul sistema nervoso.
Da Racconti di Cucina, Corriere della Sera
Matilde Serao la descriveva nel suo libro
“Il paese della Cuccagna” “….spumoni, metà crema e metà gelato, di tutte le mescolanze, … adorazione delle donne e dei ragazzi… entusiaste erano le signore che vedevano apparire gli spumoni, dai colori seducenti nella loro tenerezza, dal candido fiocco di spuma nel mezzo, e davano un gridolino di commozione e tendevano le mani, involontariamente…“ . Un tempo si vendevano in bicchierini di alluminio, attualmente sostituiti da quelli di plastica, con coperchietto. Sono ad un sol gusto ma la classica è al cioccolato o alla nocciola o al caffè o ancora alla fragola. È nel 1700, quando il gusto delle dame di «buon garbo » sensibili e disappetenti esige diete leggere e carezzevoli, voluttuose, morbide e dolci, che due oggetti di lusso, di delicatezza e di gusto in Italia portano il vanto in tutta Europa: «liqueurs d’Italie, glaces à l’itaienne» vogliono gli stranieri.
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